venerdì 3 luglio 2009

“La tentazione dello spirito nei percorsi di formazione individuale e di gruppo”

di Paolo Bartolini tratto da www.aspicmarche.it

Quando si parla di spiritualità bisogna accettare l’ambivalenza costitutiva di tale concetto, un’ambivalenza già inscritta nel suo termine fondante: “spirito”, che traduce il greco “pneuma” e l’ebraico “ruah” rimandando a quel “soffio animatore” che, invisibile ed impalpabile come l’aria, fa però sì che tutte le creature vengano materialmente alla luce.

Dunque, se è vero che nella spiritualità riposa il cuore delle cose, è noto altresì come essa possa sviare coloro i quali, ancora in scarso contatto con se stessi, vi cerchino soluzioni a problemi personali ed evolutivi di ben altra origine.

In tal senso ci sembra che una seria apertura ai temi spirituali debba presupporre, a monte, un appagamento dei bisogni bio-psico-sociali dell’individuo e una conoscenza delle risposte caratteristiche dell’organismo agli stimoli ambientali.

E’ giusto quindi, per chiarire gli intenti di questo scritto, spiegare più in dettaglio quali siano i rischi legati all’affrontare un percorso di crescita spirituale (o all’adottare tecniche desunte da diverse tradizioni spirituali) senza la dovuta conoscenza delle più recenti acquisizioni maturate nel campo delle scienze psicologiche.

Quest’ultime ci dicono che gli esseri umani necessitano, fin dalla nascita, di cure ed attenzioni indispensabili per mantenere e sviluppare l’integrazione del Sé individuale e delle sue numerose funzioni psicocorporee.
Il mancato soddisfacimento dei bisogni fondamentali (amore, calore, nutrimento, espansione, espressione, movimento, contatto…) provoca allora quella lacerazione nella continuità del Sé che, prima dei contributi di Winnicott e della Psicologia Funzionale, la psicologia umanistica aveva già intravisto.

In altri tempi e con altre parole, infatti, Abraham Maslow aveva impostato una scala gerarchica dei bisogni che rendeva conto delle priorità da soddisfare prima di poter accedere all’autorealizzazione individuale e spirituale. Sebbene l’ordine e la natura di tali priorità (bisogni fisiologici, di sicurezza, di appartenenza, di riconoscimento e di autorealizzazione) siano poi stati ampiamente rivisitati e corretti, permane ancora oggi il senso ultimo della sua intuizione: non è possibile attingere alle sorgenti della spiritualità se siamo ancora prigionieri di carenze evolutive legate al periodo dello sviluppo.

Qual’è dunque, per riprendere il titolo del presente lavoro, la tentazione dello spirito nei percorsi di formazione individuale e di gruppo? La tentazione è quella, per molti, di intraprendere un cammino spirituale sostitutivo, senza volersi prima confrontare con i nodi irrisolti della propria personalità, con l’effettivo grado di apertura/chiusura dei funzionamenti di fondo e con le ombre della propria storia familiare e relazionale.

Le conseguenze, in tali casi, sono grottesche e preoccupanti: proliferano pratiche spirituali – istituite da sedicenti guru ed “esperti” – che presto si rivelano per quello che sono: macchinazioni manipolatorie volte ad estorcere denaro ai meno accorti; si riducono lo studio e l’approfondimento delle basi culturali sottese alle diverse religioni e correnti spirituali, privilegiando sincretismi approssimativi; cresce l’utilizzo improprio della meditazione e di altri esercizi appartenenti a tradizioni lontane dalla nostra; si aggravano i disagi individuali (in quanto i bisogni che ne sono all’origine non sono stati minimamente presi in considerazione) e si diffondono conoscenze sull’uomo bizzarre e indimostrabili.

Tuttavia queste derive non ci stupiscono, se è vero che la scarsa consapevolezza di sé spinge le persone a ricercare la soddisfazione dei propri bisogni in contesti che dovrebbero, almeno sulla carta, perseguire tutt’altre finalità. Ad esempio, non è rara l’affiliazione a gruppi pseudo-spirituali con l’obiettivo nascosto (a volte anche a se stessi) di instaurare nuove relazioni sentimentali, oppure con l’intento di soddisfare un antico bisogno di dipendenza che incontra nel “santone” di turno facile accoglienza, essendo ogni “maestro” irrisolto un amante del controllo, nemico giurato della crescita individuale e dell’autonomia di giudizio.

E’ quindi necessario fare chiarezza sulla natura dell’esperienza spirituale e sulle premesse indispensabili affinché ciascuno di noi possa godere del suo potenziale benefico. Certo sarebbe sciocco credere che esista solo una definizione di spiritualità e non piuttosto una ricca costellazione di metafore e concezioni che, da angolazioni anche molto diverse, provano a disegnare il profilo della questione; tuttavia riteniamo che le differenti prospettive possano concordare almeno su due aspetti del fenomeno, uno etico e l’altro “metafisico”.

Il primo ci ricorda come la spiritualità non possa mai essere disgiunta da una vera e propria saggezza dell’amore, dalla capacità cioè di abbracciare il mondo e i nostri simili (evitando perciò il giudizio e la manipolazione nei rapporti interpersonali) e di scegliere liberamente una condotta orientata alla creazione di legami pacifici e positivi con il prossimo.

Il secondo, invece, ci ricorda come per l’essere umano la spiritualità costituisca la via regia per accostarsi ai segreti del Principio Primo da cui derivano tutte le cose. Ma la natura di tale Principio è paradossale e sorprendente, insieme non-duale e trascendente, motivo per il quale l’uomo può oscillare tra la convinzione di essere tutt’uno con Esso e quella di non riuscire mai a colmare l’infinita distanza che li separa.

Questo mistero non chiede di essere spiegato, né tantomeno risolto, ma esige di essere vissuto nel più completo abbandono, mediante un Contatto aperto con l’esperienza difficilmente accessibile a chi continui a rifiutare parti e aspetti della propria personalità. Lo stesso può dirsi per chi abbia - a seguito di numerosi traumi nello sviluppo dell’identità personale - scacciato dal proprio cuore i sentimenti di amore e gratitudine per far spazio alla notte della paura, della rabbia e dell’odio.

In questi casi di chiusura esistenziale, di doloroso allontanamento dai nuclei vitali del Sé, risulta indispensabile e indifferibile un cammino di crescita personale che colmi amorevolmente le carenze dell’individuo e riapra i suoi canali percettivi ed emotivi, agevolando il successivo schiudersi di una spiritualità decontaminata dai fantasmi del passato. articolo completo

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