venerdì 3 luglio 2009

Counseling in azienda

a cura di Marco Ferretti per www.aspicmarche.it

La Fondazione Europea per il Miglioramento delle Condizioni di Vita e di Lavoro ha pubblicato nel 2006 uno studio dove individua alcuni elementi utili per comprendere come si è evoluto l'ambiente lavorativo negli ultimi decenni.

Tra i fattori che hanno modificato lo scenario nelle organizzazioni ci sono i seguenti:

  • il cambiamento dei modelli organizzativi (come il Just in Time o la produzione “snella”);
  • lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione;
  • l'aumento della diversità (di genere, di nazionalità di scolarizzazione) sul luogo di lavoro;
  • la pressione dovuta alla mancanza di tempo connessa alla esigenza di rispettare obiettivi e scadenze stringenti, al rispetto delle esigenze del cliente, alla frammentazione dell'orario di lavoro e dei compiti;
  • la riduzione del personale che compone la squadra;
  • l'invecchiamento della forza lavoro.

Accanto ai mutamenti organizzativi, è cambiato anche il contenuto dell'attività stessa in seguito all'aumento del lavoro svolto con le informazioni e con le persone.
In particolare, l'inserimento dei computer ha provocato un aumento della possibilità di lavorare al di fuori dell'orario di lavoro con un incremento dell'affaticamento e del rischio di burnout, perturbando l'equilibrio lavoro-vita privata. Inoltre, si aggiungono altri elementi come il senso di precarietà dovuto allo scarso supporto dei colleghi e l'isolamento sociale.
I costi dello stress sono stati valutati principalmente per gli effetti macroscopici dovuti all'assenteismo e hanno raggiunto, in Olanda e Germania (dove sono stati fatti studi al riguardo), la cifra di 3 miliardi di Euro in ciascuno stato. Non sono disponibili i costi, in azienda, legati alla formazione necessaria in seguito all'aumento del turnover, alla riduzione della performance ed all'aumento della spesa dovuta ad errori.
Sul piano organizzativo lo studio mette in luce l'esistenza in Europa di buone pratiche che hanno evidenziato come l'impegno dell'organizzazione stessa, il coinvolgimento dei lavoratori e del management sembrano essere cruciali per il successo delle attività di riduzione dello stress.

La situazione in Italia, in seguito alla presenza di molte piccole e medie imprese denota degli aspetti caratteristici non rilevati nella ricerca della Fondazione che proveremo ad elencare:

  • l'ambiente di lavoro costituito da poche unità lavorative consente l'instaurazione di un clima più “familiare” potenzialmente capace di accogliere meglio le esigenze individuali;
  • a volte i principali attori che circondano l'imprenditore, all'interno dell'organizzazione, sono figure legate da vincoli di parentela o conoscenza: tali rapporti pre-esistenti a quelli di lavoro portano a tenere sullo sfondo la valutazione delle competenze a favore della presunta fedeltà del nuovo assunto;
  • la presenza di familiari e conoscenti in azienda inoltre complica la gestione delle dinamiche interpersonali perché rende più complessa l'individuazione di comportamenti aziendali corretti, non influenzati dalla frequentazione personale.

La condivisione dei valori dell'impresa, la consapevolezza delle proprie emozioni, la possibilità di affermare la propria professionalità lavorativa senza danneggiare gli altri, il senso di appartenenza all'organizzazione, l'orgoglio di aver partecipato al raggiungimento dei risultati, la creazione di un insieme di rapporti lavorativi improntati alla fiducia, sono componenti importanti nell'azienda moderna per ridurre l'effetto dello stress.

Il counseling allora può diventare uno strumento potente per inserire in azienda quelle routine organizzative che alimentano il ciclo virtuoso della creatività e della responsabilità, capaci di trasformare una realtà appesantita e rallentata dai conflitti in un sistema efficace ed efficiente orientato verso risultati considerati raggiungibili e profittevoli per ciascuno.

Per far ciò, il counselor in azienda lavora al fianco dell'imprenditore, attraverso l'ascolto, la mobilitazione delle forze inutilizzate, la corretta gestione delle emozioni (dall'ansia, alla rabbia fino alla gioia), per facilitare la definizione e comunicazione della “visione” d'impresa, per trasmettere la passione che coinvolge e motiva e per supportare la necessaria disciplina volta ad assicurare un equa valutazione dei contributi individuali al risultato.
Ma il counselor lavora anche nel team, per formare le abilità necessarie a comprendere e risolvere i problemi dei collaboratori nonché per facilitare le attività della squadra agevolando il dialogo aperto e costruttivo, stimolando la partecipazione e definendo i confini dei conflitti.
Le competenze del counselor devono comprendere quindi l’empatia, l’autenticità e la capacità di comunicare efficacemente, l’automonitoraggio, l’assertività problem solving, negoziazione e l’allenamento nella gestione di gran parte delle risonanze emotive sul luogo di lavoro.

L’intervento di counseling passa tipicamente attraverso quattro fasi:

  1. comprensione delle dinamiche organizzative attraverso opportune chiavi di lettura della realtà aziendale oppure focalizzazione dell’esigenza individuale;
  2. stimolazione guidata della ricerca di soluzioni adatte alla situazione ed alle persone coinvolte;
  3. mobilitazione delle risorse personali ed organizzative;
  4. verifica con l’organizzazione o con il singolo, dei risultati raggiunti anche attraverso l’uso di strumenti quantitativi di misurazione.

Gli interventi, costantemente centrati sulla comprensione delle reali esigenze dell'organizzazione o dell’individuo (sia esso imprenditore che collaboratore), rappresentano una strada praticabile, concreta e disponibile per il fronteggiamento dello stress, cioè quello che, nel 2000, è stato considerato, dopo il mal di schiena, il problema di salute sul lavoro più diffuso in Europa.

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